D’Alema ricorda Berlinguer: “Nel suo nome, dobbiamo tornare alla politica e alla partecipazione”

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Massimo D’Alema, in forma smagliante, indica la via, per uscire dalla bufera che sta sconvolgendo il Pd e i rapporti tra maggioranza e minoranza interna. Indica la via a quanti pensano che il Pd debba restare un partito di sinistra e un patrimnoio della sinistra italiana ed europea. Non un nuovo partito, e nemmeno un nuovo soggetto politico: piuttosto una rete di donne e uomini pensanti, iscritti e non al Pd che tornino a partecipare, ad esercitare la politica come strumento di progresso e di civiltà: “Abbiamo le Fondazioni, abbiamo le associazioni, torniamo alla politica, perché è il solo strumento per ridurre il gap di partecipazione che sta avvelenando la democrazia. Torniamo ad essere comunità.”
Il nome di Renzi viene pronunciato poche volte, nel corso della bella serata organizzata dalla Fondazione Foa e dalla Fondazione Apulia Felix per ricordare Enrico Berlinguer, nel trentesimo anniversario della sua scomparsa.
Il presidente D’Alema è protagonista della serata assieme a Peppe Caldarola, che intelligentemente coniuga la rievocazione del passato con i temi dell’attualità. Non potrebbe essere altrimenti, perché nei giorni in cui l’Italia è nuovamente scossa dal vento della corruzione e del malaffare, la nostalgia per Berlinguer, per i suoi ideali che ponevano al centro della politica la questione morale, è prepotente.

Il nome di Renzi viene pronunciato poco, ma il suo spirito aleggia costantemente. D’Alema lo liquida in poche battute: “Mentre il Paese arranca, la produzione e il Pil calano, lui non trova di meglio che litigare con il sindacato.”
È la logica dell’uomo solo al comando quella che l’ex premier proprio non riesce a digerire. Sottolinea la differenza di stile tra Renzi, che privilegia il rapporto diretto e personale con iscritti ed elettori svilendo la dimensione comunitaria del partito, e Berlinguer che di fronte a trentamila persone in piazza a Foggia, venute apposta per lui, per il suo carisma, li salutava “a nome del Partito Coomunista Italiano”, e veramente erano una cosa sola, lui e il suo popolo. Altri tempi, altre storie, altri uomini. Purtroppo.
La serata promossa dalla Fondazione Foa è stata impreziosita da due gemme. La mostra fotografica sulle sei visite foggiane di Berlinguer (la prima, nel 1971, quando era ancora vicesegretario, l’ultima nel 1983, un anno prima della sua morte, quando venne a concludere i lavori del congresso provinciale) e la proiezione del documentario  di Matteo Carella Quando venne Berlinguer, che racconta  il 4 aprile 1976 quando il segretario del Pci concluse i lavori della Conferenza agraria nazionale, di fronte ad un’immensa platea: trentamila persone lo accolsero in piazza Cavour, in quella che è probabilmente una delle più grandi manifestazioni politiche di piazza che si siano mai svolte nel capoluogo dauno.
Il valore del documentario, di cui vi parlerò in una prossima lettera meridiana, è esaltato dall’utilizzazione di un filmato inedito, che per l’occasione venne realizzato da Franco Carella, fratello dell’autore.
La mostra fotografica, resa possibile grazie all’archivio di Matteo Carella e ad altri materiali racconti dalla Fondazione Foa sarà disponibile per una settimana – come ha annunciato il presidente Sabino Colangelo – presso la Biblioteca Provinciale.

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Author: Geppe Inserra

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