Contro la Puglia baricentrica torniamo alle Puglie (di Vincenzo Concilio)

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Vincenzo Concilio, animatore di Daunia chiama Molise e del gruppo Populus, replica alle considerazioni di Michele Eugenio Di Carlo sulla grande Capitanata e sul suo (difficile) rapporto con la Puglia. Non sono d’accordo con diverse delle tesi sostenute da Concilio. Ma, come sempre, le sue riflessioni sono lucide, intelligenti e rappresentano un significativo contributo al confronto che, su questi temi, Lettere Meridiane si sforza di portare avanti.
Le frasi in corsivo sono tratte dal post di Di Carlo. Buona lettura (g.i.)

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VOGLIAMO CHE LA PUGLIA BARICENTRICA IMPLODA E CHE DA ESSA RINASCANO FIERE LE PUGLIE!
Che le Puglie non siano ancora diventate la Puglia è indiscutibile; che lo debbano diventare non è un obbligo.
Certo, lo sono diventate a forza perché così denominate nella Costituzione. E come l’Unità d’Italia imposta con la forza. Mancano soltanto le fucilazioni che ci furono con i Savoia.
Con facce come quelle di Vendola ed Emiliano (temporalmente le ultime dall’Unità d’Italia) a recitare il ruolo di nuovi Cavour (il quale espropriava le ricchezze del Regno di Napoli per portarle in Piemonte), la regione Puglia è morta e seppellita mentre le Puglie risorgono come fiori di campo in Primavera.
Individuare delle priorità (“rivendicazioni ben più importanti e datate”) d’intervento e di azione rispetto a dei progetti è corretto se non fosse che il predominio di Bari nelle Puglie e soprattutto rispetto a Foggia ha inizio proprio con l’Unità d’Italia.
Se infatti alla metà dell’800 le due città di Foggia e Bari avevano pressoché la stessa popolazione, il divario nel 1934 è impressionante: Bari raggiunse i 200.000 avìbitanti contro i 70.000 di Foggia.
Certo si potrebbe pensare che a Bari avessero preso a fare più figli ma l’ipotesi non è valida in quanto l’aumento della popolazione è strettamente legato allo sviluppo economico.
Dunque Bari grazie ai Savoia, ai liberali e socialisti dell’epoca e soprattutto al fascismo, riuscì a far convergere su di sè più capitali e l’attenzione dei governi nazionali ed operò come oggi per sottrazione degli investimenti in Capitanata.
Ma non siamo forse tutti meridional?
Ciò è retorico e non risolve il problema del colonialismo regionale baricentrico che noi sentiamo maggiormente rispetto a quello nazionale.
E poi, che vuol dire essere meridionali?
Io preferisco un settentrionale intelligente ad un meridionale cretino così come per un ricco educato rispetto ad un povero maleducato.
“Sono convinto che possiamo farcela a tenerci le nostre peculiarità senza alcun bisogno di dividerci, per ora”.
Io sono invece convinto che la divisione delle Puglie sia essenziale affinché i baresi facciano un “bagno d’umiltà”, non per rimetterci insieme ma per loro stessi, per rendersi migliori rispetto a quello che oggi rappresentano.
E la dimensione territoriale giusta è proprio quella di lasciare la Terra di Bari da sola, creare il Grande Salento e infine unire la provincia di Campobasso a quella di Foggia come nello studio della Società Geografica Nazionale. Dimensioni maggiori come quella di una Puglie lunga 400 Km servono soltanto ad ingrassare le aree metropolitane come Bari.
“Eviti di scoppiare la Puglia nei mille rivoli tracciati da rivendicazioni scissionistiche e identitarie, che pur esistono”.
È il contrario. È proprio la implosione della Puglia che sola permetterà agli altri territori come la Capitanata di riprendere un percorso di sviluppo economico, sociale e identitario.
Non ci sono altre soluzioni e il momento è quello giusto.
Il resto sarebbe come dare un colpo alla botte e un altro al cerchio.
E chi è rimasto indietro come noi non può più permetterselo.
Vincenzo Concilio

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Author: Geppe Inserra

1 thought on “Contro la Puglia baricentrica torniamo alle Puglie (di Vincenzo Concilio)

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