San Severo, 23 marzo 1950: per non dimenticare (di Antonio Testini)

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San Severo, 23 marzo 1950, barricate in strada.

Il ricordo svanisce, la memoria è considerata da taluni l’obnubilamento della coscienza, la coltre nebbiosa di un rito da ripetere qualche volta o stancamente in date prestabilite, con monotonia. La memoria degli stolti crea indifferenza, quasi fastidio. Essa si annulla, scompare e con il passare del tempo, la “sottile” spazzatura intellettuale dei revisionisti tende ad annullare i valori fondamentali del vivere civile. E’ il corso delle vicende contemporanee? Forse la rincorsa all’effimero condurrà all’oblio? E, ancora una volta, trionferà il cinismo? Coloro che difesero gli umili e i meno abbienti e coloro che si indignarono (e continuano ad indignarsi) e combatterono (e combattono) le ingiustizie, coloro che costruirono le fondamenta democratiche del Paese non possono e non saranno dimenticati e cancellati nella piccola grande storia. Le riflessioni che seguono sono il tentativo di narrare e ricordare un’epoca che appare lontana ma che ancora ci coinvolge nelle emozioni. Sono vicende di contadini, di diseredati, di dirigenti politici e sindacali, di chi ha difeso la libertà e la democrazia per la giustizia sociale.

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Riavvolgo una parte del film della nostra storia. Ci fu un breve periodo, il bellissimo biennio 1946-1948, in cui il dibattito in Assemblea Costituente rappresentò il momento e la fase più elevata ed esaltante della nostra storia.

La discussione, dopo la presentazione del progetto della Commissione dei 75: essa si sviluppò attraverso 170 sedute, con la presentazione di 1663 emendamenti e 1090 interventi. E quali interventi! Nell’assemblea costituente si incontrarono tre diverse generazioni ossia quella dei protagonisti del prefascismo come gli ex presidenti Orlando e Nitti o come Croce ed Einaudi, Sforza e Bonomi e quella dei capi e personaggi dell’antifascismo come Parri, Nenni, Saragat, De Gasperi, Terracini, Basso, Pertini, Di Vittorio, Calamandrei, La Pira, Lussu, Nilde Iotti, Angelina Merlini, Dossetti, La Malfa i quali avevano conosciuto il carcere o l’esilio. E poi era presente la generazione dei giovani che avevano fatto la Resistenza. Giovani che avevano combattuto i tedeschi e comandato le brigate ed i gruppi partigiani al Nord; giovani che al sud erano stati i primi a guidare le lotte per la terra. Gli uomini più importanti di quell’assemblea, soprattutto i più anziani avevano duramente sofferto anche negli affetti familiari. Oscar Luigi Scalfaro amava ricordare un episodio. De Gasperi quando doveva affrontare la politica estera si confrontava con Nenni che era all’opposizione. Scalfaro rimaneva impressionato dal calore umano, dall’affetto reciproco che legava, sia pure da posizioni politiche contrapposte i due statisti. Quali erano le radici di questo entusiasmo, di questa umanità? De Gasperi rispose al futuro Presidente della Repubblica:” Per voi giovani questo può apparire strano dato che siamo su sponde diverse, ma abbiamo vissuto insieme dei momenti molto difficili e duri, abbiamo sofferto in modo diverso le stesse sofferenze. Io ero Ministro degli esteri appena finita la guerra e Nenni aspettava notizie della figlia Vittoria che era in un campo di concentramento. Voleva sapere se era ancora viva. Avendo una rete diplomatica iniziale e quindi modestissima, mobilitai il Vaticano e la Croce rossa. Un mattino mi dissero che avevano trovato il cadavere della figlia a Auschwitz.  (Ad Auschwitz  sono scritte sulla teca che la ricorda le sue ultime parole:”Dite a mio padre che non ho perso coraggio mai e che non rimpiango nulla” Vittoria Nenni. n.d.r). Da Palazzo Chigi alla sede del giornale “Avanti” a piedi non ci sono che cinque minuti di cammino. Telefonai a Nenni e gli dissi: vengo da te. E Nenni capì subito.” De Gasperi mi disse che in quel breve tratto pensava che cosa poteva dire un padre ad un altro padre. E non gli veniva in mente niente. Pensò ai principi religiosi e mi disse-afferma Scalfaro- che Nenni era ateo pur rispettando chi crede, per cui a furia di pensare, aggiunse De Gasperi, ero arrivato alla sede. Spinse la porta e ci ritrovammo abbracciati, a piangere. In quel momento-conclude Scalfaro- mentre mi raccontava l’episodio ebbi la certezza, la sensazione che avevamo creato uno dei cardini profondi di questa enorme pagina dei diritti e dei valori della persona umana scritta insieme” (da ”L’alba della Repubblica : dalla Costituente alla Costituzione / [un programma di Caudiano Falaschi, Maurizio Cascavilla]. – Roma : RAI educational ; [Napoli] : Istituto italiano di studi filosofici. –  n.1- 2 videocassetta, rielaborazione) Fu l’incontro tra esponenti del vecchio stato liberale e le generazioni con culture diverse ossia la cattolica, liberale, comunista, socialista, azionista.  Essi costruirono quella che sarebbe diventa la Bibbia civile per il nostro Paese. Nella Costituzione, come scrisse  Pietro Calamandrei, c’è tutta la nostra storia, ci sono tutte le nostre sciagure, tutti i nostri dolori, tutta la nostra gloria. La Costituzione ha un segno indelebile:al centro c’è la persona umana, negata nella sua essenza dal totalitarismo ma esaltata dalla democrazia.

San Severo, 23 marzo 1950, barricate in strada

E si verificò l’eterogenesi dei fini: l’azione umana e la realpolitik realizzarono scopi diversi da quello che era stato fissato nella Costituzione. In primo luogo va menzionato il rifiuto di attuare la Costituzione- scrive Lelio Basso- cominciando a mantenere in vigore tutte le leggi fasciste che avrebbero dovuto essere rapidamente sostituite” e che hanno ammorbato la vita del nostro paese. Chi ricorda gli scioperi del 1949-50 repressi dalla Celere (gli scelbini, così chiamati) contro i “sovversivi” e  creato questo corpo di polizia addestrato per  reprimere le manifestazioni di piazza? Ricostruire ed evidenziare qualche tragico episodio dell’epoca, poco conosciuto e  quasi dimenticato, significa  raccogliere il messaggio morale di chi ha contribuito a costruire la democrazia.

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San Severo, 23 marzo 1950, barricate in strada

Era un’Italia che nel Sud era fondata su un’agricoltura incentrata sul latifondismo improduttivo con lo sfruttamento dei braccianti retribuiti con paghe basse e lavori alla giornata, come si affermava a quei tempi.  Scrive Michele Galante ne “Dalla Repubblica all’assassinio Moro con prefazione di Giuseppe Vacca. Ed SudEst, Manfredonia 2009 . “Nel 1949 il movimento contadino che tra il 1944 e il 1947 aveva conosciuto un esteso ciclo di lotte, tornò di nuovo all’offensiva per rivendicare il diritto alla terra. Si trattava di un vero movimento di popolo, formato quasi interamente da contadini poveri che marciavano con le loro famiglie sui latifondi o li occupavano simbolicamente o, anche, segnavano i confini della terra, la dividevano e preparavano i terreni per la semina (pag 56)”. Era un’Italia ingiusta, che sfruttava.

 

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Nel riquadro rosso, l’avv. Erminio Colaneri

L’avvocato Erminio Colaneri e  il dirigente politico e sindacale Carmine Cannelonga  si accingevano ad organizzare lo sciopero e ad indire un’assemblea  dei lavoratori presso la Camera del lavoro di San Severo, il 23 marzo . “Parla per primo Carmine Cannelonga il quale con brevi parole annuncia il proseguimento dello sciopero per l’intera giornata del 23. Poi parla l’avvocato Erminio Colaneri, rappresentante sindacale e dirigente socialista. Il suo è un discorso ampio, di critica alla politica democristiana nazionale (…) Il tono oratorio elevato, l’eloquenza forbita e l’abilità forense strappano un prolungato applauso alla folla. Sono le 20 e l’assemblea si scioglie. Gli animi sono un po’ eccitati.” (Raffaele Iacovino , 23 marzo 1950 –San Severo si ribella – Ed. Teti, Milano 1977 pag 24).

Il 23 marzo 1950 i lavoratori di San Severo dopo lo sciopero generale proclamato il 22 marzo in tutta Italia per manifestare la solidarietà dei lavoratori italiani agli abitanti di Lentella per protestare contro le decisioni del governo di limitare la libertà” (Iacovino, op.cit pag.22), insorsero contro le forze di polizia innalzando  barricate e assaltando le armerie e la sede del MSI, in risposta alle provocazioni ed al ferimento di tre lavoratori da parte di uno “scelbino” ed agli arresti degli scioperanti brutalmente picchiati o come nota Tommaso Fiore “anche schiaffeggiati in pubblico, non si sa con quale diritto, con quale legge”

La folla reagì; gli scontri causarono un morto e circa quaranta feriti tra civili e militari. I denunciati furono 184, mentre gli imputati 110 (dei quali 98 già detenuti): fra questi 17 donne, 6 liberi e 6 latitanti. L’accusa era grave. L’art. 284 del Codice Penale prevedeva: “Chiunque promuove un’insurrezione armata contro i poteri dello Stato è punito con l’ergastolo e, se l’insurrezione avviene, con la morte…Chi vi partecipa con la reclusione da 3 a 15 anni, chi la dirige con la morte”. La pena capitale era stata abolita. Il collegio della difesa era  composto da 19 avvocati, fra i quali Lelio Basso, Fausto Gullo,  Luigi Tamburrano, Ernesto Mandes, Ernesto Lufino, Biagio Di Giovine.  La nobile memoria difensiva di Lelio Basso  è presente nel testo di Jacovino: “San Severo si ribella”.  Lelio Basso e Luigi  Tamburrano sostennero la tesi che si trattava di uno sciopero politico ed economico senza intenti insurrezionali. Prevalse la tesi del collegio di difesa e gli imputati furono assolti nei tre gradi di giudizio.

Le donne sanseveresi arrestate per i fatti del 23 marzo, all’uscita del carcere di Lucera.

 

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Furono arrestati dirigenti politici e sindacali e “perfino quel candido vecchio dell’avvocato Colaneri”, come scrisse Tommaso Fiore ne “Il Cafone all’inferno”.

Nel 1964, l’avvocato Colaneri volle scrivere una sorta di “Zibaldone” (di leopardiana memoria) per tornare con il pensiero e con la memoria alle grandi piccole vicende della sua vita e delle sue esperienze. Nel suo diario si ritrovano pagine e temi eterogenei, dai ricordi personali di uomini legati da amicizia sino a giudizi su eventi politici e sociali. Non mancano osservazioni e riflessioni sull’arte e sulla letteratura, su poeti e scrittori.

In ricordo del 23 marzo 1950 egli scrisse: “Or sono quattordici anni, nel pomeriggio venni arrestato e poi denunciato all’autorità giudiziaria per istigazione ed insurrezione armata. La sera precedente avevo tenuto un breve discorso nell’interno della Camera del Lavoro (ne ero dirigente) di San Severo; mi accusarono di aver eccitato i presenti e, per mezzo dell’altoparlante, quelli che si trovavano nella strada “di uccidere i carabinieri, per instaurare il socialismo nel nostro Paese” ed a compiere i disordini che, per provocazioni poliziesche, ebbero luogo in città, me assente. Mostruoso e pazzesco arresto il mio; assurda imputazione per fatti inesistenti a me contestata; mi si volle eliminare per lungo tempo quale propagandista solerte d’un partito politico; dai bassifondi nostrani sorsero contro di me loschi testi falsi ingegnosamente spinti ed ammaestrati dai denuncianti; una bassa macchinazione di caserma per colpire un innocente. Bilancio:  istruttoria astiosa e mossa da prevenzione, rinvio a giudizio e dibattimento durato circa quattro mesi (eravamo oltre cento detenuti); carcere preventivo per oltre due anni, morte di mio padre durante la mia detenzione; dolori e miseria in famiglia; assoluzione finale da parte della Corte d’assise di Lucera, confermata in appello a Bari, per “insussistenza del fatto”.  Così, con allegra disinvoltura, si priva della libertà in Italia un cittadino serio e onesto per poi dichiarargli: abbiamo sbagliato è stata tutta una commedia giudiziaria, sei libero, dimenticaci. Ed io ho dimenticato; ma quanta e quale abiettezza nella nostra società cosiddetta civile e democratica dei sagrestani che ci deliziano. Il barone Scarpia del buon Sardou ha fatto scuola d’ipocrisia e di violenza persino nella magistratura inquirente!”

Le donne di San Severo arrestate per i fatti del 23 marzo 1950

Quel fatto segnò la sua vita. Negli anni successivi era prevalsa l’amarezza: i dirigenti del partito socialista l’avevano prima sfruttato e ingannato con i soliti vecchi e moderni “giochi “ di partito, non facendolo eleggere alle elezioni politiche del 1953 e,  poi deluso, aveva abbandonato l’impegno della politica. Si era ritirato nel suo splendido isolamento a San Severo circondato dagli effetti familiari e nella sua biblioteca  si era immerso e rifugiato nella lettura e nello studio, del resto mai abbandonati.

Nel giugno del 1972 telefonò alla sezione del Partito Socialista di San Severo per chiedere di essere accompagnato a votare, per l’ultima volta. Prima di morire decise di donare alla biblioteca di San Severo la sua tesi di laurea e tutti i suoi numerosi libri compresi quelli che era riuscito a salvare insieme a mio padre, quando i fascisti gli avevano distrutto ed incendiato la sua abitazione.

Sì, perché l’avvocato Colaneri era mio nonno materno ed io continuo a ricordarlo per la sua dolcezza, la sua tenerezza, il suo stupore, per le curiosità intellettive, per la sua cultura e per la sua coerenza.

Antonio Testini

Bibliografia essenziale

L’alba della Repubblica : dalla Costituente alla Costituzione / [un programma di Claudiano Falaschi, Maurizio Cascavilla] – Roma : RAI educational; [Napoli] : Istituto italiano di studi filosofici. –  n.1- 2 videocassetta, rielaborazione

Tommaso Fiore , Il cafone all’inferno Ed. Palomar, Bari 2003

Michele Galante, Dalla Repubblica all’assassinio Moro con prefazione  di Giuseppe Vacca. Ed SudEst, Manfredonia 2009, Rivista Sudest quaderno n.21 Manfredonia, 2007

Raffaele Iacovino , 23 marzo 1950 – San Severo si ribella – Ed. Teti, Milano 1977

Ringraziamenti

La redazione di Lettere Meridiane ringrazia Antonio Testini per il prezioso contributo di memoria e Giovanni Rinaldi per aver concesso l’uso delle immagini, tratte dalla videostoria, I figli della rivolta (https://www.youtube.com/watch?v=2sgtl6WRy7o). Per scaricare l’articolo in pdf, formato A4, cliccare qui.

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Author: Redazione

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